Vent’anni orsono, in
un analogo girovagare nella terra del sole, avevo visitato Segesta e i resti
romani ben conservati, in particolare il tempio, mi avevano affascinato tanto
che mi ero ripromesso, nel caso fossi tornato, di rivederlo.
Quale occasione
migliore del nostro soggiorno in Valderice ?
Qualche decina di
chilometri ed ecco apparirci la zona archeologica. I turisti sono numerosi ma
non tanto da rendere fastidio al meraviglioso scenario. Prima affrontiamo, con
il piccolo automezzo che fa la spola con la vetta della collina che accoglie
l’anfiteatro.
Ci aggiriamo tra le
rovine del grande manufatto osservando la maestosità del complesso commentando
la perizia con la quale i nostri predecessori l’hanno edificato. Aggirandoci
tra i resti che lo attorniano ci
rendiamo conto che accanto sorgevano palazzi imponenti che dall’alto dominavano
un ampio raggio di valli e colline. Abitata dal IX secolo a.C., secondo il
mito, Segesta sarebbe stata fondata da Aceste
(che ne fu il primo re), figlio della nobile troiana Egesta e del dio fluviale Crimiso.
Fu distrutta dai
Vandali e non riuscì mai più a risorgere con lo stesso splendore.
Tra le rovine
dell’anfiteatro, Gabriella nota alcuni fiori di Mandragora (comunemente nota
con il nome di Mandragola), pianta che nell'antichità
le veniva accreditata virtù afrodisiache ed era utilizzata anche per curare
la sterilità.
Quando non è ancora fiorita può essere confusa con la borragine, erba
commestibile. Immortalo anche questa con alcuni scatti fotografici. La profe,
nel frattempo, cita Macchiavelli, te pareva?
Ridiscesi a valle,
sempre con lo stesso mezzo di locomozione e ci avviciniamo al tempio. Con
sorpresa vedo parcheggiate accanto due Jeep con lo stemma dell’esercito
americano. Sull’altro lato del tempio mi accorgo della presenza di alcuni
militari le cui divise risalivano indubbiamente alla seconda guerra mondiale.
Chiedo informazioni e
apprendo che all’interno del Tempio sono in corso alcune riprese di un film che
tratta, per l’appunto, un incontro tra i militari alleati e i Capimafia locali
per la gestione dell’ordine pubblico nei paesi occupati. Rovinato l’incanto
della maestosa struttura dorica, una delle meglio conservate del mondo greco.
Immortalo le Jeep, i
militari “storici”, le comparse dei Capimafia e ciò che riesco a cogliere,
delle antiche vestigia, cercando di
escludere la “modernità”: unwelcome presence.
Mentre ci dirigiamo a Calatafimi per omaggiare i “Mille”,
ci consoliamo per l’accurata visita all’Acropoli.
Giunti nello storico borgo, prima di pranzo decidiamo di
visitare la “Casa di Garibaldi”, una delle tante case in Italia che hanno
ospitato l’Eroe dei due mondi anche solo per una notte.
Mentre c’inoltriamo nelle viuzze incontriamo il Vicolo
dei proverbi i cui muri sono tappezzati da formelle che riportano proverbi in
lingua locale. Anche questo è parte del folclore locale pur non rappresentando
valori artistici o storici.
Dopo pranzo, raccolte le informazioni necessarie, ci
avviamo lungo la strada che porta alla località dove sorge il monumento che
ricorda la famosa battaglia delle camicie rosse contro l’esercito borbonico e
che raccoglie ancora i resti di alcuni caduti tra cui, sicuramente, un
bergamasco: Federico Antonioli.
Ci accoglie il custode che dal vicino casale dove governa
alcuni animali, ci corre incontro per aprire l’ingresso del Mausoleo,
denominato “Ossario di Pianto Romano” . I visitatori, da quanto comprendo, non
sono numerosi, conseguentemente anche la presenza di due sole persone, per il
custode, é l’occasione per dimostrare la sua preparazione storica.
Posto su un poggio, dal quale è possibile vedere la
cittadina e la vallata attorno presenta, oltre l’Ossario, un viale della
Rimembranza dove tra le due file di cipressi sono collocati i cippi che
ricordano le città che hanno contribuito con i propri ragazzi alla costituzione
dei Mille che sbarcarono a Marsala al seguito di Garibaldi.
Purtroppo alcuni sono rotti o malconci e danno un senso
di tristezza a coloro che percorrono il viale per giungere al monumento eretto
sul posto dove ebbe luogo la battaglia.
All’interno dell’Ossario il custode ci spiega con parole
semplici ma cariche di calore e passione, le vicende di alcuni caduti le cui
spoglie sono li conservate e, apprendendo che siamo bergamaschi (ci siamo
presentati come gli ultimi due dei Mille) c’informa con dovizia in particolare
sulla vicenda di Antonioli, ferito nella battaglia, ricoverato presso
l’ospedale di Calatafimi , dove è successivamente deceduto, i cui resti
riposano oggi in un sarcofago all’interno dell’Ossario.
Al termine della visita, dopo che Gabriella aveva
espresso il desiderio di assaggiare alcuni fichi, gli ultimi, appesi ad un
albero accanto al viale, il custode li raccoglie e glieli regala accompagnati
da un grappolone di uva nera dolcissima.
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